L’incubo di una domenica d’agosto
L’aria densa e umida di una domenica sera di caldo torrido mi avvolgeva come una coperta pesante. Erano le 21:00, e dopo quasi 700 chilometri di viaggio, sola, con il motore che ruggiva sotto di me, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Avevo lasciato Caserta la mattina, dopo una lunga giornata di lavoro, e ora stavo percorrendo il Passante di Mestre, con il piede sull’acceleratore, a circa 160 km/h. La strada scorreva sotto le ruote, le luci si fondevano in scie luminose, e la radio riempiva l’abitacolo con la sua musica, unica compagna in quel lungo tragitto.
All’improvviso, un tonfo secco e violento mi fece sobbalzare. Un rumore sordo e metallico, seguito da una vibrazione che mi attraversò l’intero corpo, dalle mani strette sul volante fino al petto. L’auto sbandò leggermente, ma riuscii a tenerla saldamente sotto controllo, come un cavaliere che doma la sua cavalcatura impazzita. La pressione di uno dei pneumatici, che poco prima segnava 250, crollò a zero in meno di tre minuti. Era scoppiato.
Con un brivido freddo lungo la schiena, mi resi conto del pericolo che avevo scampato. L’adrenalina mi pompava nelle vene, e con un brivido freddo lungo la schiena, mi resi conto del pericolo che avevo scampato. Riuscì a rallentare, ad accostare e a uscire dal Passante. Mi ritrovai ferma, quasi in mezzo a una tangenziale mestrina, con il buio che avanzava e le luci delle altre auto che sfrecciavano accanto a me. Un luogo esposto, pericoloso e solitario.
Nonostante il panico, la mia mente funzionò lucidamente. Ricordai il pulsante SOS che la mia auto aveva in dotazione e che non avevo mai usato. Lo premetti. Mi risposero subito, la loro voce era calma e professionale. Mi dissero che mi avevano localizzata e che avrebbero inviato i soccorsi. Un breve senso di sollievo mi pervase. Forse, la parte peggiore era passata. Ma mi sbagliavo.
Pochi minuti dopo, mi richiamò un operatore del servizio di assistenza del brand della mia auto. Dopo che gli spiegai la situazione, mi disse che avrebbero potuto inviare un carro attrezzi, ma che sarebbe arrivato solo dopo 3 o 4 ore. Non solo, non potevo salire sul mezzo e dovevo chiamare un taxi per tornare a casa. Nessuno mi chiese se stessi bene, se fossi ferita, o se avessi bisogno di aiuto. Sottolineai che ero in pericolo, sola in mezzo a una strada buia, ma a loro non importava.
Proprio in quel momento, il suono stridente dei freni mi avvisò che un camion si era fermato dietro di me. Un camionista, un angelo custode inatteso, scese dal mezzo, e con un sorriso stanco mi aiutò a spostare la macchina in una zona più sicura, usando dei pezzi di legno per proteggere quello che restava del pneumatico. Si fermò solo pochi minuti perché doveva andarsene per non bloccare il traffico. Lo ringraziai di cuore. Erano le 21 e non avevo ancora risolto nulla. In preda a un istinto di sopravvivenza, presi il mio smartphone, cercai online “emergenza pneumatici” e trovai un numero di telefono. Lo chiamai, spiegai cosa mi era successo, e dall’altra parte del filo, una voce tranquilla e rassicurante mi rispose: “Arrivo subito.”

In meno di dieci minuti, un ragazzo arrivò con il suo furgone, scese, mi salutò con un sorriso, e in meno di venti minuti, aveva già sostituito il pneumatico, il tutto per soli 100 euro. Mentre lavorava, mi rassicurò e mi raccontò di come spesso accadeva, soprattutto in estate, quando il caldo mette a dura prova gli pneumatici. A quel punto, non riuscì più a trattenere l’emozione, lo ringraziai, con tutto il cuore, gli diedi tutti i soldi che avevo nel portafogli, lo abbracciai e gli augurai buona fortuna.
Mentre mi rimettevo in macchina, con l’auto di nuovo pronta, pensai al servizio ufficiale del brand della mia auto, che mi aveva lasciata in mezzo a una strada buia e pericolosa, e a quel giovane sconosciuto, che con il suo aiuto, aveva salvata. Non meritavamo l’estinzione solo per merito di persone come questo ragazzo che riescono a illuminare la notte buia con la loro umanità.

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