LA POLONIA, SPECCHIO DELLA NOSTRA ITALIA PERDUTA: UN VIAGGIO TRA FEDE, RADICI E SENSO DI COMUNITÀ
Un recente viaggio nel Paese dell’Est rivela un profondo legame con le radici cristiano-cattoliche e un senso di umanità collettiva che in Italia sembra svanito. La domanda sorge spontanea: cos’è successo alla nostra identità comunitaria negli ultimi vent’anni?
Tornare da un viaggio in Polonia non lascia indifferenti. Non si tratta solo di storia affascinante o paesaggi suggestivi, ma di una percezione sottile ma potente che permea la vita quotidiana: un senso di comunità e di umanità condivisa che in Italia, seppur ricordato con nostalgia, sembra ormai un lontano eco.
La Polonia è un Paese ancora profondamente ancorato alle sue radici cristiano-cattoliche, un elemento che, al di là del credo individuale, funge da collante sociale e culturale. Questa forte identità si traduce in comportamenti, rituali e un senso di vicinanza che ricorda l’Italia di almeno due decenni fa.
La percezione è quella di una società in cui l’individuo è ancora parte integrante di una rete. Si nota nell’attenzione verso l’altro, nel valore dato ai momenti di aggregazione e, soprattutto, in una resistenza, forse involontaria, all’atomizzazione sociale.
Laddove l’Italia ha abbracciato a pieno ritmo l’individualismo della modernità avanzata – spesso confuso con la libertà personale – disperdendo gran parte del suo capitale sociale, la Polonia sembra aver conservato quel tessuto connettivo alimentato dalle tradizioni e da un forte senso di appartenenza.
Si pensi ai valori della famiglia, della memoria storica, e della fede, che là non sono meri concetti astratti, ma pilastri della quotidianità. Questo non significa che la Polonia sia immune alle sfide della modernità, anzi, ma la base di partenza sembra essere più solida e orientata al collettivo.
Il confronto è inevitabile e genera una domanda scomoda: che fine sta facendo la nostra Italia?
Ricordiamo tutti quell’Italia di fine millennio, dove la piazza era ancora il centro nevralgico della vita, dove la solidarietà di vicinato era la prima forma di welfare e dove il legame con le feste religiose e le tradizioni locali rafforzava un’identità comune.
Oggi, siamo la nazione dell’iper-connessione digitale, ma della disconnessione umana. Abbiamo guadagnato in libertà individuali e globalizzazione, ma abbiamo perso, o almeno messo in crisi, quel senso di appartenenza profonda e quella spontanea umanità.
Guardare alla Polonia non è un invito a tornare indietro nel tempo, né un giudizio sulle scelte individuali. È piuttosto un monito a riflettere sul costo del progresso sfrenato. Forse, nel nostro inseguire la modernità, abbiamo scambiato la velocità con la profondità, dimenticando che un vero progresso non può avvenire a scapito della coesione sociale e della nostra ricchezza più grande: il senso di essere, prima di tutto, una comunità di persone.
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